Negli anni ‘30, in filosofia e nell’arte si esaltava il singolo.
Il panorama letterario era vivace. I teatri si gremivano, la gente s’interrogava sul genio di Pirandello, mentre ai botteghini furoreggiavano le rappresentazioni di Giovacchino Forzano, commediografo, librettista, regista teatrale e cinematografico, originario del Mugello.
Si pubblicavano opere di Saba, Ungaretti, Bacchelli, Moravia, Quasimodo e Gadda. Vittorini e Pavese sarebbero entrati in scena presto, e con loro avrebbe fatto la sua comparsa una letteratura del registro nuovo, nello stile, nell’espressione, nel mondo interiore che prendeva forma e sostanza.
In quello stesso periodo, a Borgo San Lorenzo (Firenze), nel Mugello, Antonio Rossi apriva la propria tipografia. Si trattava di una tipografia artigiana nella quale gli odori degli inchiostri prendevano di sorpresa i clienti e gli autori.
Le conversazioni si svolgevano tra il rumore assordante delle macchine da stampa, che davano vita a giornali, libri, partecipazioni di nozze, biglietti per comunioni e cresime, etichette per alimenti, per bevande o per medicinali.
La tipografia era un mondo separato. Farne parte, comportava odorare il sapore del piombo, amare il piccolo miracolo, quasi un prodigio alchemico, di vedere la carta riempirsi, ospitare testi e immagini.
Il mondo di Antonio Rossi era questo. Nella sua Borgo San Lorenzo aveva creato un’attività che rimandava al lavoro svolto dai grandi tipografi fiorentini, che con il loro coraggio imprenditoriale accettavano di fiancheggiare l’avventura di letterati, pensatori ed artisti, primi fra tutti Giovanni Papini e Ardengo Soffici.
Nella tipografia si formò uno dei figli di Antonio Rossi, Giorgio. Quei locali pieni di energica attività furono per lui palestra, stimolo, scuola.
Giorgio Rossi imparò in primis ad amare il lavoro. Su questa base apprese una professione che per lui è stata una compagna fedele, una dolce ossessione.
Dopo alcuni anni la fine della Seconda guerra mondiale, Giorgio Rossi ebbe l’idea ed il coraggio di modificare la struttura dell’attività ereditata dal padre. La tipografia si trasformò in cartotecnica. Il lavoro prese un indirizzo sempre più artistico, anche grazie alla presenza di Patrizia, moglie di Giorgio, che aveva frequentato con successo l’Accademia di Belle Arti a Firenze.
La cartotecnica Rossi iniziò a produrre carte decorative (principalmente carta fiorentina o più comunemente denominata “carta Firenze” e carta Varese ) e biglietti di grande qualità, sulle quali si deposita una conoscenza storico artistica profonda, un radicato amore per l’arte, un gusto di classica modernità.
Le pregiate carte decorative, i biglietti, la carta da lettere, i quaderni, testimoniano di un amore per la professione che coniuga la tecnologia industriale più raffinata ed avanzata ad un retaggio artigianale che ancora oggi si esercita e si mantiene.
I nipoti di Antonio, Mattia e Taddeo, continuano l’attività, divenuta industriale, con l’impegno e la passione che hanno a loro volta appreso.
Anche grazie a loro sono iniziate importanti collaborazioni con il mondo della moda e si è iniziato a sviluppare un legame con il mondo del merchandising museale.
Oggi, i prodotti Rossi si trovano nei migliori Stationery and Gift Shop delle più importanti città del mondo.
Negli ultimi decenni il mercato estero ha premiato il lavoro della Rossi 1931. Attualmente, quasi l’80% della produzione è riservato all’ export ed in particolare al mercato americano, al mondo anglosassone, al Giappone.
Nel mondo, una parte importante della storia e della tradizione cartotecnica di Firenze, è narrata dalla Rossi 1931.
I clienti che scelgono i prodotti Rossi, scelgono Firenze, scelgono quel fascino particolare che il tempo non ha spento, ma ha rafforzato, specialmente nelle persone che coltivano il piacere della scrittura e delle carte di qualità.
E’ questa la “classicità” che si compendia in tutte le collezioni Rossi: un tributo al gusto, all’eleganza, alla civiltà.